martedì 30 settembre 2014



           
                                                                     RI-FORMA

    


RI-FORMA è un progetto proposto da Spazio Meme a Verona dal 9 al 13 ottobre 2014, in occasione di ArtVerona nella sezione: Independents – 5a edizione.

Gli artisti che espongono sono Chiara Campanile, Agnese Guido, Giulio Zanet, a cura di Francesca Pergreffi.

La mostra è un focus su un sentore di quello che sta accadendo poeticamente a una parte della pittura Italiana. Nasce dall’esigenza di analizzare e capire perché oggi, tra i giovani artisti, vi sia la volontà di non rappresentare più la figura direttamente ma di effettuare una ricognizione della forma che tende alla deframmentazione e a un “ritorno” all’astrazione.

Un’esposizione che ponga degli interrogativi attraverso il dialogo tra e con gli artisti e la visione delle loro opere. Una collettiva di giovani artisti che vuole cogliere un'impressione; capire se esiste una continuità con l’astrattismo storico o se si tratta di nuovi linguaggi; decifrare il percorso poetico degli artisti.

Porre il classico e semplice: Perché?
Ogni artista appenderà sei lavori su una struttura di legno. Le opere saranno su tela, non intelaiata, 100x100 cm l’una. Il pubblico dovrà sfogliare i lavori per guardarli. Le persone saranno chiamate ad avere un contatto diretto con l’installazione. Capendo la probabile difficoltà di decodificare il loro linguaggio, gli artisti, porgono le opere in maniera non ostile e creano una vicinanza reale tra la tela e il pubblico. Affianco all’installazione verrà proiettato un documentario contenete il percorso di ricerca degli artisti: lavori e interviste.



Artisti: Chiara Campanile, Agnese Guido, Giulio Zanet

Curatela: Francesca Pergreffi

Video: Tamara Gasparini

Spazio Meme: www.spaziomeme.it

ArtVerona: www.artverona.it

martedì 23 settembre 2014



                                                              CLICK






Stilista: Giulia Marani
Artista: Andrea Tonnellotto
a cura di Francesca Pergreffi

                                                    
La collezione Click s/s 2015, esposta nello Showroom Angelo Marani in via Fieno 6 a Milano, nasce dalla collaborazione tra la stilista Giulia Marani e il fotografo Andrea Tonnellotto.


Click è uno “scatto” dalle composizioni geometriche colorate che sfociano nell’astrattismo, pur essendo frammenti di reale. Sia Giulia, sia Andrea hanno in comune l’appassionata ricerca per i dettagli apparentemente insignificanti che visti da una certa inquadratura, con occhi sagaci, si trasformano in un tripudio di linee e colori che creano dei microcosmi dall’ atmosfera armonica, sintetica e seducente.
Un’altra passione che accomuna Giulia Marani e Andrea Tonellotto, è la ricerca dei materiali/strumenti necessari al loro processo creativo.
Andrea Tonellotto ha scelto la Polaroid come medium. Nel suo “fare” nulla è lasciato al caso; il fotografo, attraverso lo studio degli elementi (luce, temperatura, esposizione) e i viraggi della pellicola, riesce ad ottenere stupefacenti giochi di colore e ad infondere la tridimensionalità alle sue visioni/scatti  geometrici astratti dall’aure metafisica.
Giulia Marani  ha scelto il tessuto come suo strumento creativo, e per dar vita ai suoi capi compie un’accurata ricerca dei filati  e del loro assemblaggio.

Per la collezione Click, la stilista, si è immersa nell’ archivio fotografico di Tonellotto facendosi travolgere dalle sue atmosfere, ed ha reinterpretato le Polaroid con il tessuto dando vita a capi lineari dal taglio netto ed essenziale con soggetti dalle geometrie sintetiche dalle tinte vivaci ed intense.

Come ad esempio la canotta  a intarsio bianco-nera con seta stampata termolaserata; il Kimono cropped intarsio in viscosa stretch bicolore e il cardigan intarsio in seta e lino con dettagli di trasparenza.
Giulia ha scattato un’ulteriore istantanea della sua poetica che conduce alla coesione Moda e Arte: indossando i suoi capi le opere d’arte non si ammirano più soltanto appese sulle pareti dei musei o di qualche galleria, ma si portano per le strade del mondo, creando così nuove visioni artistiche quotidiane dando vita a nuovi Click!

                                                                                                                Francesca Pergreffi





Giulia Marani 

Nasce nel 1984 a Correggio, piccola città emiliana, in una terra florida di gente generosa piena di coraggio, fantasia e passione. A partire dal 2006 inizia a lavorare alla Marex, azienda di famiglia con trent’anni di successi nel campo dell’abbigliamento, e affianca il padre stilista Angelo. La sua filosofia di lavoro, riassumibile nelle parole “ricercare” e “creare”, è portata aventi con energia e creatività.



Andrea Tonellotto 

Nato a Campo San Martino nel 1974, abita a Piazzola sul Brenta in provincia di Padova. Autodidatta, ha iniziato il suo percorso artistico utilizzando la Leica, dopo aver transitato al medio formato con  l’Hasselblad e la Rollei, è approdato alla Polaroid. Hanno pubblicato i suoi lavori  su varie riviste internazionali, per citarne alcune: Square mag; Temnokomornik; Tripmag ; Pulp revue; European photography; ERRR.  Le sue opere sono nel  sito ufficiale Polaroid e nel sito della Impossible Project.  Tra le sue esposizioni: Festival del Cinema, Roma 2011; Leica gallery prague, Praga 2012; MIA fair, Milano 2012; Le percolateur, Marsiglia 2013; Stroke art fair 2014 (Pablo & Paul gallery), Monaco di Baviera 2014.







martedì 16 settembre 2014



Il sole dei Morti

opere di Massimo Dalla Pola
 
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CONVERSAZIONE





“La gloria è simile a un cerchio nell'acqua che va sempre allargandosi, 
 sin a quando per il suo stesso ingrandirsi si dissolve col nulla”.          
Enrico VI – atto I, scena II (William Shakespeare)                            


 




Massimo Dalla Pola con la serie Il sole dei morti (ispirata alla frase di Honoré de Balzac secondo cui "la gloria è il sole dei morti"), ha evidenziato i paradossi che si nascondono dietro la parola gloria e la sua effimera esistenza.

Il potere e la autorità che si celano dietro ai monumenti, ai luoghi, agli slogan sono pulsanti e a tratti spaventevoli solo nel loro presente; infatti col passare del tempo si tramutano in ombre che si mostrano al mondo in allure decadente.

Questo paradosso ne porta in grembo un altro: perché l’umanità di fronte alla fugacità della gloria e la momentanea potenza dei suoi emblemi persiste nell’ambirla?







 
  
La tua riflessione sulla gloria come frutto dell’esercizio del potere, ti ha portato a compiere una ricerca e una catalogazione degli edifici, dei monumenti e dei simboli della propaganda. Come è avvenuta la tua selezione, quali criteri hai usato per orientarti nelle scelte?



Nessuna in particolare, ho privilegiato le realtà nazionali che sono e sono state più aggressive anche dal punto di vista architettonico/celebrativo (non solo le dittature o i regimi totalitari) e ho cercato di evidenziarne le similitudini formali come ad esempio nelle sculture rupestri del monte Rushmore, nel South Dakota e del giovane Mao a Changsha in Cina.




A tuo avviso, perché in ogni cultura vi è la necessità e l’urgenza di dover accompagnare e sottolineare la potenza, o presunta tale, politica e culturale con degli emblemi?



A volte i simboli servono come veri e propri spot tridimensionali, un abbellimento per rendere socialmente accettabili episodi o periodi terribili (penso ai monumenti celebrativi delle guerre, delle battaglie, quelli ai caduti, di cui l’Europa è tempestata); quando sorgono uno stadio o una chiesa, si realizzano luoghi di imbonimento (un atteggiamento del potere più mellifluo e subdolo) mentre un nuovo grattacielo o il quartier generale di una multinazionale raffigurano appieno l’idea del potere distante e spietato. Solo raramente, perlopiù nella progettazione urbanistica, c’è anche una volontà di grandezza e di ridefinizione ideologico/formale della realtà.



Quali sono oggi i luoghi e i segni del potere?



I luoghi del potere oggi sono le borse finanziarie, che paradossalmente, tendono più a nascondersi che ad apparire (anche se le borse di Shanghai e Shenzhen, costruite negli anni ‘90, sono edifici giganteschi) e probabilmente i luoghi virtuali del potere stanno nei PC dei nostri vicini di casa.




Le opere che compongono la serie Il sole dei morti sono dipinti dal tratto essenziale e analitico. Riecheggiano le illustrazioni che si trovano sui vocabolari e sulle enciclopedie. Questa modalità pittorica sottolinea la tua urgenza di schedatura e il tuo desiderio di descrizione?




Mi piace lavorare per cicli, per flussi e per temperie, procedo ricercando, informandomi e approfondendo, il resto è solo applicazione di una tecnica, che non è la sola disponibile, la migliore, ma la più adatta.



L’essenzialità e la sintesi sono delle peculiarità delle tua poetica. Mi spieghi da dove nascono questa tue necessità?



Il mio intento è quello di realizzare un lavoro con “assenza di mano”, sintetico e antitecnico che, nella realizzazione, si sostanzia in una volontà d’assenza, di nascondere, più che di ostentare, soprattutto nella scelta del nero, un non-colore che riesce a celare, fino a che l’occhio non si avvicina, i contorni, le trame del disegno.




Utilizzando la carta vetrata come supporto delle opere, hai impresso alla serie un sentore di “iperrealismo”. Quei monumenti nel corso della storia mutano, si deteriorano e posso essere utilizzati e percepiti in maniera differente. Poiché la carta vetrata dà l’idea dello sbriciolamento, del “mutamento”, sei riuscito a trasmettere la reale natura dei tuoi soggetti. In altre parole, ad infondere alle opere l’essenza effimera dell’atemporalità dei monumenti. Concordi con me?



Sono molto attratto dai materiali, in questo caso per la irregolarità, la ruvidità, e mi piace che essi vivano per se stessi e assumano un ruolo rilevante nel mio lavoro. Non avevo pensato allo sbriciolamento ma effettivamente l’idea del tempo che passa e quindi del dissolvimento, della sparizione dei dettagli è un altro momento di ricerca che caratterizza la mia produzione (soprattutto quella fotografica) e qui, parlando di gloria e di posteri, direi che la suggestione è centrata.




Visto che il tema di fondo della serie è la gloria e tu sei un artista, scostandoci dalla riflessione sulla gloria come esercizio del potere, per pensarla nel campo dell’arte oggi, secondo te qual è la gloria di un’opera d’arte? E quale la gloria per l ’artista?



La gloria dell’artista è solo formale e a volte non è nemmeno attribuibile, come nei capolavori collettivi delle cattedrali gotiche o romaniche; il contenuto di un lavoro, invece (chi fosse Monna Lisa, ad esempio) è secondario e la gloria del soggetto raffigurato (che è spesso il motivo per cui un’opera d’arte viene realizzata) soccombe rispetto a quella di chi il lavoro lo realizza.